Sconosciuto a lungo alla ricerca archeologica, l’insediamento rupestre di Vallone Canalotto sale agli onori della cronaca solo alla fine degli anni ’90, quando, su segnalazione dell’allora sindaco di Calascibetta, l’Archeoclub di Enna effettua una ricognizione dell’area, mettendo in luce l’importanza di questo luogo.
Noto soprattutto ai lavoratori della forestale, che in quegli ampi aggrottati si riparavano dalle intemperie, e conosciuto dai pastori della zona come “mànnari da’ Casa ‘o Masciu” (o Casa del Mastro, nome della contrada in cui si trova il sito archeologico; la parola “mànnara” si riferisce, invece, a un luogo di allevamento, spesso in grotta, soprattutto di ovini, ancora comune in Sicilia), il “villaggio nella roccia” si svela invece, poi, in tutta la sua straordinarietà, suscitando grande interesse.
L’insediamento, infatti, viene valorizzato pochi anni dopo, attraverso l’esproprio di una parte dell’area e opere di restauro, ripulitura di alcuni ambienti, messa in sicurezza dei costoni rocciosi e dell’interno delle caverne, e la creazione di sentieri, scale e staccionate. Lavori, questi, finanziati con fondi europei e portati avanti dal Comune di Calascibetta e dall’allora Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali, attuali proprietari del sito archeologico. In seguito, su nostro suggerimento, il sopracitato dipartimento ha provveduto ad una ulteriore e utilissima opera di valorizzazione dell’area, dotandola di cestini per i rifiuti e panche in legno.